venerdì 25 dicembre 2009

Il Presepio di Greccio




Gli ultimi anni della vita di Francesco sono dolorosi; malattia e situazione del suo ordine lo forgiano. Sono anche gli anni in cui un'intima gioia, un senso di pienezza che tutto pervade, sembra impadronirsi di lui.

Di questi sentimenti è testimone il singolare Natale della montagna, che Francesco vuole celebrare a Greccio, luogo a lui tanto caro, il 25 dicembre 1223. Quel Giorno era per lui sempre una grande gioia. Riviveve nello Spirito la scena della povertà della Vergine e del suo Figlio nella grotta di Betlemme. Si commuoveva, si esaltava, chiamava alla letizia i suoi compagni, i poveri e i ricchi, le creature tutte.
Da sempre Francesco si meravigliava del fatto che Dio avesse preso le nostre sembianze, fosse divenuto uno di noi, carne della nostra carne.
A Giovanni Levita, signore di Greccio, Francesco disse: "lo vorrei celebrare con te la prossima festa del redentore. Ricorderò la nascita di lui a Betlemme in modo da vedere tutta la povertà che egli dovette sopportare fin dall'infanzia per salvare noi peccatori". (I Ce1468-471).

Il cavaliere lo stava ad ascoltare, chiedendosi in che modo avrebbe potuto accontentarlo: "
Ecco - gli spiegò Francesco - vorrei che in qualche grotta della montagna che possiedi facessi collocare una mangiatoia con il fieno e vi vonducessi un bue e un asinello così come erano a Betlemme. La notte di Natale verrò lassù e, tutti insieme, pregheremo nella grotta".

Il desiderio di Francesco fu esaudito oltre ogni aspettativa. In quella notte la valle reatina risuonava dei canti dei frati degli eremi attorno, dei pastori, dei contadini. Le loro torce sembravano voler trasformare il buio e il freddo della notte, nel chiarore più luminoso e caldo.
Francesco saliva su per i sentieri ripidi, cantando l'inno che egli stesso aveva composto con le parole dei salmi: "
Iddio è la nostra forza. Il Signore grande santissimo ha inviato dall'alto dei cieli il suo Figlio nato dalla Vergine Maria. Un bambino dilettissimo ci è stato dato ed è stato deposto nella mangiatoia".
Nella grotta tutto era pronto. Il presepe era un piccolo altare. Era come se Betlemme, quell'anno, si fosse portata sulla cima della montagna di Greccio.
La nascita del Salvatore non era più una cosa lontana nel tempo, in una terra mai vista, ma avveniva li su quel monte che loro conoscevano, tra quei boschi e quei prati che vedevano ogni giorno .
Francesco entra nella grotta, accarezza quelle povere e umili cose e creature con il suo sguardo,sperimenta una gioia mai gustata prima. Il sacerdote dà inizio alla Messa di Natale. Francesco canta il Vangelo e lo spiega. Più sospiri che parle. Più canto che discorso.
Il culmine della celebrazione: Francesco prende tra le braccia quel bambino posto sul fieno il quale, per la fede di Francesco, sembrava prendere vita e rinascere nel cuore dei presenti. La verginità di Francesco era stata resa fertile in questo bimbo che si stringeva al petto. Lui era finalmente padre, madre, fratello, sposo, dimora del suo Signore.
Possiamo avvicinarci a questo bimbo senza paura : Dio, bimbo indifeso; Dio, pezzo di pane. Quanta fiducia ripone cristo nelle sue creature! Per questo Francesco unisce in un solo sguardo di fede di amore di Natività di Gesù e l'Eucarestia. Lui che un giorno è disceso nel grembo della Vergine e da lei è nato su poca paglia, ora è presente sull'altare e si fa cibo per tutti. Di un Dio così, che ha volto e parola di bimbo e di uomo, Gesù Cristo, chi può aver paura?

I contadini tornano a casa pieni di gioia. Quella notte era diventata tanto luminosa, da non aver più bisogno delle loro torce per attraversare l'oscurità. Il Signore Dio si era veramente fatto carne nel bimbo, accanto all'altare. Francesco era felice per loro. Quelle persone semplici di Greccio erano anche loro come fanciulli : ancora una volta Dio si rivelava ai piccoli.

Quell'anno francesco era partito da Greccio con un cuore nuovo, perchè sapeva che i suoi fratelli avrebbero mantenuto l'usanza di celebrare il Natale in quel modo. E la gente ne avrebbe sparso la notizia nei paesi vicini e poi in tutta Italia e .... nel mondo intero.

Lui stesso avrebbe voluto chiedere all'mperatore di fare un editto che invitasse tutti i suoi sudditi a spargere chili di frumento per le strade la notte di natale, perchè fossero contenti anche i nostri fratelli uccelli.

martedì 22 dicembre 2009

Mensa dei poveri, l'isola che c'è




Da 21 anni cinquanta pasti al giorno ai bisognosi.
Gesti generosi e oscuri benefattori




Calore, odori, sapori, tintinnio di stoviglie, mani che preparano, sguardi che s'incrociano, silenzi e grida di bambini, parole smozzicate in tante lingue diverse. È la mensa dei poveri. Cinquanta pasti al giorno tutti i giorni tranne la domenica. «Ma prepariamo sempre qualcosa in più per chi arriva all'improvviso», si affretta a precisare padre Umberto Papaleo. È lui il responsabile della mensa del Conventino, una realtà straordinaria che proprio in questi giorni festeggia il ventunesimo anniversario. Da 21 anni, infatti, quest'isola di solidarietà offre un pasto caldo a chi ne ha bisogno, svolgendo "quotidianamente" un servizio prezioso che nessun'altra struttura fornisce in città.
Porte sempre aperte in via Silvio Paternostro numero 3, lungo la scalinata dei giardinetti di San Leonardo. È lì che ha sede la mensa dei poveri, cuore pulsante di un vero e proprio centro di accoglienza che si regge sulle offerte e sul volontariato. Fornisce docce, servizio medico, servizio legale e distribuzione di vestiario, dalle 16 alle 18 ogni lunedì, mercoledì e venerdì. Da trent'anni. La mensa, invece, è più "giovane" e, come detto, funziona ogni giorno. Tutto a cura degli otto frati francescani del Conventino con la collaborazione e l'aiuto di una cinquantina di volontari che si alternano nelle attività di servizio. A titolo - non è superfluo sottolinearlo - totalmente gratuito. Tra loro professionisti e gente che svolge i più svariati mestieri, giovani e meno giovani. In comune la sensibilità e la voglia di fare qualcosa per gli altri. Senza clamore.
Il centro di accoglienza «si regge sulla carità dei catanzaresi - fa notare padre Umberto - che intervengono economicamente e materialmente portando viveri, vestiario, medicine». Anche le farmacie portano farmaci, peraltro avvalendosi delle agevolazioni fiscali connesse a tali elargizioni. «Colgo l'occasione - aggiunge padre Umberto - per dire grazie alla Siarc di Pino Albano, che offre il pranzo in alcuni giorni dell'anno, tra cui il Natale. Ringrazio l'azienda Dolce Forno di Boccuto, che da anni ci dona il pane per la mensa, evitandoci una spesa non indifferente. La mia gratitudine anche agli abitanti di Roccabernarda, che da qualche anno offrono l'olio per i poveri. Quest'anno due quintali. E voglio ringraziare anche l'Amministrazione comunale per il contributo dato alla mensa. E ancora, i supermercati che ci portano i loro prodotti e diversi negozi d'abbigliamento».
Con la crisi economica "l'utenza" è raddoppiata. Frequentano la mensa tanti extracomunitari, soprattutto dei Paesi dell'Est, ma anche diversi nostri conterranei. La Provvidenza però non viene meno: tanti gli "oscuri" benefattori che aiutano il Conventino. Molti i fedeli che più che fiori o messe donano offerte alla mensa in suffragio dei defunti. Interi condomìni a volte portano soldi per la mensa preferendo commemorare in questo modo un defunto. E padre Umberto s'illumina quando ricorda l'apprezzamento dell'arcivescovo mons. Antonio Ciliberti, che lo scorso gennaio ha voluto partecipare alla mensa e condividere il cibo dei poveri. Ma c'è di più. Nella straordinaria gestione dell'ordinarietà, i volontari del Conventino - che non è un banco alimentare - intervengono fornendo latte, omogeneizzati e quant'altro a chi ne ha bisogno, «occasionalmente e più che occasionalmente». Un servizio, la mensa dei poveri, di cui si avvantaggia anche l'ordine sociale: alleviando la fame, si evitano anche certi episodi di microcriminalità che vengono dalla disperazione.


Scheda
La mensa dei poveri è aperta all'ora del pranzo tutti giorni tranne la domenica e il mese di agosto.
Lunedì,mercoledì e venerdì il centro d'accoglienza fornisce anche, dalle 16 alle 18, docce, servizio medico e legale, distribuzione di capi di vestiario.



Betty Calabretta Gazzetta del Sud 22\12\2009